Fino a 3,3 miliardi di euro. Questo il costo per l’export made in Italy dell’introduzione dei dazi, che dovrebbero essere applicati dal 9 luglio, voluti dal presidente Trump secondo uno studio di Centromarca con il contributo di Nomisma. L’associazione dell’industria di marca mette sul tavolo del Governo cinque possibili ipotesi: 10% con la pardita di 489 milioni di euro di esportazioni in valore; 20%, -1,067 miliardi; 30%, -1,734 miliardi; 40%, -2,489 miliardi; 50%, -3,334 miliardi. A penalizzare ulteriormente le esportazioni contribuirebbe inoltre il cambio sfavorevole euro/dollaro: nei primi mesi del 2025 la valuta europea si è apprezzata significativamente rispetto a quella americana (+11% tra gennaio e giugno) raggiungendo i livelli più elevati dal 2022.

«L’incertezza sull’applicazione dei dazi preoccupa molto le nostre industrie, sia sul piano economico sia perché non consente un’adeguata pianificazione strategica e nella contrattazione con i buyer statunitensi – sottolinea Vittorio Cino, direttore generale di Centromarca -. È una criticità da non sottovalutare se si considera la rilevanza del mercato d’oltreoceano per i beni alimentari e non alimentari prodotti in Italia. Nel 2024 le importazioni Usa di beni grocery italiani hanno prodotto un giro d’affari di 9,9 miliardi di euro, con una crescita del +161% rispetto al 2014 e un’incidenza dell’11% sull’export complessivo del settore. È degno di nota il fatto che nei primi quattro mesi di quest’anno l’incremento a valore è stato del 14% rispetto allo stesso periodo del 2024. Sulla base di queste considerazioni Centromarca sta supportando le aziende con analisi ad hoc e si interfaccia costantemente con i suoi corrispondenti a Bruxelles e con i ministeri competenti».

Per gli esportatori italiani a peggiorare il quadro è la rivalutazione del dollaro e rischia di mettere ko la marginalità e i volumi esportati. C’è poi l’incognita della reazione dei consumatori Usa. Secondo l’indagine Nomisma ben l’85% degli americani sa dell’esistenza dei dazi e il 50% ritiene che avrà un effetto negativo sui loro acquisti. A fronte di un aumento del prezzo del 20% determinato dal dazio, la gran parte dei consumatori afferma che continuerebbe ad acquistare prodotti italiani, ma una quota importante, tra il 30% e il 40%, lo farebbe in misura minore. Ad essere colpite potrebbero essere le produzioni italiane più facilmente rimpiazzabili con beni realizzati negli States o in altri paesi, mentre l’impatto potrebbe essere più contenuto per i prodotti premium o meno sostituibili come per esempio i prodotti Docg e Dop e le marche più famose.

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