Il 2025 può essere l’anno della svolta per il mercato italiano dei crediti di carbonio, titoli equivalenti a una tonnellata di Co2 non emessa o assorbita grazie a un progetto di tutela ambientale. Il Registro pubblico dei crediti di carbonio italiani, istituito nel 2023, di cui mancano i decreti attuativi del ministero dell’Ambiente (Mase) e dell’Agricoltura (Masaf), si fa attendere. Ma stanno nascendo piattaforme che permettono lo scambio di crediti di carbonio validati con altre modalità, che partono da agricoltura rigenerativa, edilizia in legno, riqualificazione energetica. Una risposta locale e verificabile ai dubbi – emersi nel 2023 a seguito di inchieste giornalistiche – sull’affidabilità di alcune tipologie di crediti realizzati in Paesi in via di sviluppo.

Un mercato in crescita

Dalla compliance ai criteri Esg alle facilitazioni nell’accesso ai finanziamenti, fino all’impegno etico. Sono molte le ragioni per cui le aziende italiane guardano al mercato dei crediti di carbonio e la domanda è in crescita. Secondo il rapporto Progetti forestali di sostenibilità 2021-2022, pubblicato a ottobre 2024 dal Nucleo monitoraggio carbonio del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), l’80% del mercato complessivo – dal 2011 al 2022 – è dovuto alle transazioni 2021/2022. Solo il 7% dei crediti acquistati dalle imprese è stato generato in Italia, il resto deriva da progetti realizzati in Paesi in via di sviluppo. L’assenza di una normativa – e la conseguente lentezza con cui il Paese genera crediti vendibili – è un’opportunità di business mancata, soprattutto per i settori forestale e agricolo.

Con l’entrata in vigore del Regolamento 2024/3012 Ue (Carbon removals and carbon farming certification regulation) a fine 2024, la Commissione europea dovrà creare un Registro unico per la tracciabilità dei crediti comunitari entro il 2028, ma molti Stati – dalla Germania alla Svezia – hanno avviato da anni registri nazionali, con l’obiettivo dell’interoperabilità con quello Ue.

I progetti attivi in Italia

Rete Clima, realtà attiva dal 2012, ha un approccio duplice: «Attendiamo il lancio del registro italiano dei crediti carbonio volontari agro-forestali per proporli alle aziende – spiega Paolo Viganò, presidente e fondatore di Rete Clima – nel mentre, offriamo progetti internazionali certificati con un alto rating (un “punteggio di qualità” che spazia da AAA a D come in campo finanziario), che prevede l’annullamento dei crediti sui registri internazionali. In contemporanea accompagniamo le aziende nella realizzazione di Nature based solutions in Italia, che vengono sviluppate nell’ambito di Foresta Italia, la più grande campagna privata di forestazione e manutenzione, avviata nel 2022».

A oggi sono 130mila le piante messe a dimora, tramite 75 progetti di aree urbane ed extraurbane di 20 regioni. Sono oltre 90 le aziende coinvolte, a cui vengono restituite misurazioni dell’accrescimento forestalee una quantificazione dei servizi ecosistemici forniti dalle foreste. «A fine maggio lanceremo un sistema digitale orientato alla conservazione della biodiversità – continua Viganò –. Si basa su modelli matematici, strumenti di misura locale, dati satellitari, citizen science e sul supporto dell’Ia: valuta il livello di biodiversità degli ecosistemi e ne misura il miglioramento a seguito dei progetti sostenuti dalle aziende».

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