La fase delle grandi dimissioni, spesso date senza avere già un’altra offerta di lavoro, soprattutto da parte dei più giovani, meno carichi di oneri finanziari e famigliari, ha aperto gap sempre più diffusi nei curriculum dei lavoratori. LiveCareer ne ha analizzati oltre 7 milioni creati sulla sua piattaforma, rilevando che i periodi di inattività non sono più l’eccezione, ma la nuova normalità del mondo professionale. Non solo per le donne a cui in passato erano riferibili la maggior parte delle dimissioni. E forse, le interruzioni o le pause professionali non hanno più quell’accezione così negativa che avevano in passato.

Un terzo dei Cv ha un’interruzione di un anno

L’analisi riguarda il quinquennio tra il 2020 e il 2025, quello in cui ci sono state centinaia di migliaia di dimissioni, un fenomeno partito dagli Stati Uniti, ma che ha riguardato anche il nostro Paese. Nel 2025, quasi un terzo dei curriculum in Italia (32%) presenta un’interruzione di almeno un anno. Questo dato appare in lieve crescita rispetto al 2022 e mostra l’impatto del fenomeno citato, oltre a collegarsi anche a temi come il ricollocamento professionale, le dimissioni dovute alla maternità e all’assistenza dei familiari da parte dei caregiver e la disoccupazione di lunga durata.

Ma quanto durano le interruzioni? Nella metà dei curriculum che ne presentano, si trovano gap inferiori a un mese. A voler vedere l’aspetto positivo di questo fenomeno lo si può attribuire a un mercato del lavoro sempre più dinamico e caratterizzato da mobilità professionale, dove frequenti cambi di impiego e lavoro flessibile stanno ridisegnando i percorsi delle persone. I gap però non sempre sono brevi. Il 39% dei curriculum presenta infatti un’interruzione di 6 mesi o ancora più lunga, un dato questo che appare più preoccupante.

In calo i lavoratori con un curriculum senza interruzioni

Nel 2025 solo la metà dei lavoratori italiani presenta un curriculum senza interruzioni, una percentuale in calo rispetto al passato: erano infatti il 51% nel 2022 e il 61% nel 2020. Questo si deve anche alla maggiore partecipazione femminile al lavoro che è più caratterizzata da discontinuità rispetto a quella maschile: ai percorsi professionali tradizionali e lineari che hanno caratterizzato soprattutto l’occupazione degli uomini, con la maggiore presenza delle donne al lavoro si affiancano così carriere sempre più articolate e discontinue che non sono però più considerate così negativamente come in passato. E hanno costretto più di una società a rivedere l’algoritmo per la selezione dei curriculum.

Un nuovo approccio ai colloqui …

L’analisi di LiveCareer evidenzia che i gap di carriera di lunga durata hanno raggiunto il loro picco nel 2025. Sebbene i numeri si siano leggermente ridotti nel 2024, le conseguenze della pandemia continuano a pesare sulle abitudini lavorative e sulla stabilità occupazionale. «I periodi di pausa nella carriera sono ormai una realtà consolidata nel mondo del lavoro di oggi», spiega Jasmine Escalera, esperta di carriera per LiveCareer -. I datori di lavoro dovrebbero superare i vecchi pregiudizi. Queste pause spesso riflettono crescita personale, acquisizione di nuove competenze o cambi di vita necessari, non una mancanza di ambizione o capacità». Per chi cerca un lavoro è però necessario valorizzare il tempo di inattività spiegando in fase di colloquio le esperienze fatte durante questo periodo, dalla libera professione all’assistenza familiare o alla formazione, come queste attività abbiano arricchito le competenze e come siano state un’opportunità di crescita e di sviluppo personale.

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