Il rallentamento c’è, sarebbe inutile e anzi dannoso negarlo. Riguarda tutti i complessi e variegati distretti di eccellenza sparsi per l’Italia, compreso quello toscano e in particolare la parte della pelletteria. Sono difficoltà che toccano ogni segmento del mercato, dal medio al medio-alto e persino – con alcune, lodevoli, eccezioni – l’alto e altissimo di gamma.

A rassicurare e incoraggiare a guardare al futuro del sistema moda italiano è stato Brunello Cucinelli, ospite della rassegna «I colloqui dell’economia», organizzata dalla Camera di commercio di Firenze, tra le più antiche associazioni di imprese (nacque nel 1770). Il fondatore e oggi presidente esecutivo e direttore creativo dell’azienda umbra ha dialogato con Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di commercio, partendo dai dati locali e nazionali, illustrati dal segretario generale dell’associazione fiorentina, Giuseppe Salvini, e sottolineando i punti di forza delle aziende italiane del tessile-moda-abbigliamento. Bassilichi ha ricordato una particolarità della provincia di Firenze: «Il più alto numero di addetti della maison del lusso si registra nella nostra provincia e nel sistema moda fiorentino trovano occupazione circa 8.500 persone, pari al 33% degli addetti totali delle maison del lusso nei distretti italiani».

Cucinelli produce quasi tutto nella sua Umbria, vista la specializzazione in abbigliamento e maglieria, ma ha un legame fortissimo con Firenze ed è da sempre grande sostenitore di Pitti Uomo, la più grande manifestazione al mondo di moda maschile, che si è svolta alla Fortezza da Basso (coinvolgendo l’intera città con eventi collaterali e incontri) dall’11 al 14 giugno e che ha chiuso con un bilancio molto positivo: 15mila visitatori e 11.500 compratori, quasi la metà arrivati dall’estero. «Pitti Uomo e poi i giorni della moda maschile di Milano sono sempre un termometro importante, anche se vedono protagoniste “solo” le aziende a valle della filiera, i marchi – ha spiegato Cucinelli –. Ma posso assicurare che ogni imprenditore è perfettamente conscio dell’importanza delle filiere produttive e dei rispettivi distretti: la qualità e la desiderabilità del made in Italy nel mondo dipende da tutti». Tra gli stand sono emerse le inquietudini delle aziende, ma anche le incognite geopolitiche alle quali tutti, consumatori e produttori, siamo costretti a guardare. «In oltre 40 anni di lavoro ho visto cambiamenti incessanti e ho cercato di non temerli mai – ha aggiunto Cucinelli –. Non desidero negare le difficoltà economiche, né l’inflazione, né le legittime preoccupazioni per il futuro a breve, specie delle piccole e medie imprese. Siamo tutti chiamati ad affrontare la sfida di un’autentica sostenibilità ambientale e dell’ennesima rivoluzione digitale, rappresentata all’intelligenza artificiale generativa. Ma le parole più giuste sono sempre quelle di Steve Jobs: non abbiate paura».

Invitato da Leonardo Bassilichi a commentare l’oggettiva difficoltà del sistema moda fiorentino, Cucinelli è tornato sul tema che forse gli è più caro in assoluto, la dignità economica e sociale del lavoro artigianale. «È arrivato il momento di riequilibrare molti fattori e forse l’attuale congiuntura ci farà comprendere l’urgenza di questi cambiamenti – ha concluso Brunello Cucinelli –. Deve esserci più equilibrio nelle proposte che facciamo al mercato e quando vado nelle scuole invito sempre gli studenti a creare collezioni indossabili, prima di tutto. Noi imprenditori dobbiamo sentirci responsabili per tutte le piccole e medie imprese con le quali collaboriamo, ma la cosa più importante è alzare gli stipendi degli operai e migliorare continuamente l’ambiente in cui lavorano. Devono avere più ragioni possibili per scegliere di lavorare nel sistema moda e di farlo come, appunto, operai».

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