I risultati delle conferenze Onu sul clima continuano a essere deludenti, ma la decarbonizzazione del pianeta procede lo stesso. Quest’anno la Cina metterà a segno per la prima volta un calo stabile delle emissioni di gas serra, malgrado la domanda di energia in crescita e le manifatture in piena attività. Dopo l’effimera battuta d’arresto durante la pandemia, questo potrebbe essere il primo vero segnale che il principale inquinatore del mondo abbia finalmente raggiunto il picco delle emissioni, mentre altri Paesi industriali, a partire dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, l’hanno già superato fra gli anni Novanta e i primi Duemila.
Crescono le rinnovabili
La crescita dell’energia pulita ha contribuito a far scendere le emissioni cinesi di anidride carbonica dell’1% su base annua nella prima metà del 2025, prolungando una tendenza al ribasso iniziata già a marzo 2024, secondo un rapporto del Centre for Research on Energy and Clean Air. In particolare, la produzione di CO2 del settore energetico – principale fonte di emissioni – è diminuita del 3% nel primo semestre, grazie alla crescita del solare che ha compensato l’incremento della domanda elettrica. Con un aumento di circa 270 terawattora, infatti, la produzione da rinnovabili (escluso l’idroelettrico) ha superato di gran lunga la crescita della domanda di 170 terawattora nella prima metà dell’anno. Anche l’uso del carbone nel settore energetico (fonte che genera ancora oltre metà dell’elettricità cinese) è diminuito del 3,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La nuova analisi mostra che l’aumento record della capacità solare, con 212 nuovi gigawatt installati solo nella prima metà dell’anno, è il principale fattore che sta avviando le emissioni di CO2 della Cina verso una riduzione per tutto il 2025.
La transizione elettrica dei trasporti
Un altro fattore importante è la transizione elettrica nei trasporti: l’anno scorso il boom dei veicoli elettrici ha superato tutte le aspettative, raggiungendo quasi la metà dei veicoli venduti, anche dopo la crescita “esplosiva” del 2023. La produzione di benzina e gasolio, infatti, ha continuato a calare, perché i veicoli elettrici hanno intaccato la domanda di carburante per autotrazione. Allo stesso tempo, il settore edilizio, fortemente inquinante, è in declino. Nella prima metà di quest’anno, le emissioni del settore dei materiali da costruzione sono diminuite del 3% e quelle dell’industria metallurgica dell’1%, con il cemento in calo del 4% e la produzione di acciaio del 3%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La ragione di queste riduzioni è la continua contrazione dell’edilizia, con gli investimenti immobiliari in calo dell’11% e la superficie coperta dai nuovi cantieri in calo del 20%.
Ma resta il nodo della riduzione dell’intensità di carbonio
D’altra parte, l’uso del carbone per produrre combustibili sintetici e prodotti chimici sta rendendo più difficile per la Cina rispettare le scadenze di diversi importanti obiettivi climatici. Tra questi, gli obiettivi di riduzione dell’intensità di carbonio (le emissioni per unità di Pil), che imporrebbero di controllare rigorosamente la crescita del consumo di carbone, nonché di aumentare la quota di siderurgia ad arco elettrico, più pulita, nella produzione totale di acciaio. Invece sta accadendo il contrario: la quota di produzione ad arco elettrico è scesa dal 10,2% nel 2024 al 9,8% nella prima metà del 2025, nonostante l’obiettivo governativo del 15% per quest’anno.
Gli obietti mancati di Xi Jinping
Nel 2020, il presidente cinese Xi Jinping aveva fissato un duplice obiettivo per la Cina: raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030 e la neutralità carbonica, ovvero zero emissioni nette, entro il 2060. Per centrare questi obiettivi, Pechino si era impegnata a ridurre la sua intensità di carbonio di oltre il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Un obiettivo irraggiungibile se non si cambia passo, secondo Lauri Myllyvirta, analista capo del Crea. Malgrado il calo delle emissioni di CO₂ previsto per il 2025, il rapporto Crea evidenzia infatti che il Paese non raggiungerà l’obiettivo di riduzione del 18% dell’intensità di carbonio dal 2020 al 2025. Myllyvirta sostiene che la Cina avrebbe bisogno di una riduzione “senza precedenti” del 9,7% dell’intensità di carbonio nel 2025 per raggiungere il suo obiettivo, un calo che evidentemente non riuscirà a mettere a segno.
