Il manager italiano dell’Alpine spiega qual è il segreto di una mentalità vincente di un team e permea ogni livello della catena del comando, a cominciare dalle motivazioni all’interno dell’ambiente di lavoro.

“I dipendenti li motivi in due modi: con il denaro e con il successo”. La frase di Flavio Briatore aiuta a tessere la trama del percorso fatto da Alpine nel Mondiale di Formula 1 che s’è chiuso da poche settimane e ha visto la Casa francese piazzarsi al sesto posto in classifica Costruttori (vinta dalla McLaren davanti alla Ferrari), grazie all’exploit nel Gran Premio del Brasile (è finita sul podio alle spalle di Verstappen, nella foto in calce) e alla stagione nel complesso soddisfacente dei piloti (Pierre Gasly più di Esteban Ocon).

Non è solo questione tecnica o di gestione manageriale. Non basta avere i meccanici giusti, i motori affidabili e potenti (in tal senso è prezioso l’accordo con Mercedes per la fornitura delle power unit a partire dal 2026), gli ingegneri mandati all’addestramento militare, la strategia in pista e i conducenti che la mettono in atto completandola con fiuto e talento. No, per l’imprenditore che del mondo dei motori (e delle aziende) conosce tutto serve di più.

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La mentalità vincente di un team deve essere qualcosa che si costruisce un pezzo alla volta, partendo dal basso, e permea ogni livello della catena del comando. È come prendere la scia di chi ti è davanti e poi sfruttarla per piazzare il sorpasso decisivo. Devi esser bravo, certo. Ma ci devi credere, davvero. Nell’intervista al giornale tedesco automotorundsport.de ha spiegato perché, tra le mosse fatte per dare impulso all’Alpine, ce n’è stata una che ha ritenuta precipua: ha fissato l’obiettivo, competere per il Mondiale nel giro di un paio di anni, e ricordato a tutti quartier generale di Enstone che è possibile. In fondo, è già accaduto.

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“Nel presente ci sono tracce del passato – ammette Briatore -. E io in qualità di manager devo assicurarmi che tutti i membri del team abbiano ben chiaro di cosa si tratta e qual è l’obiettivo a cui tendere. Per questo motivo nell’atrio della nostra sede ho chiesto che sistemassero le monoposto iridate del 1995 e del 2006, oltre a tutti i trofei del campionato del mondo, e togliessero la vettura dell’anno scorso. Il lunedì i nostri dipendenti vengono in fabbrica, vedono i risultati raggiunti da questa squadra e sono disposti a lavorare tre ore in più”.

È dal 1995 che Enstone e Viry-Châtillon collaborano nella Formula 1 e per molte stagioni hanno gareggiato con identità differenti (Benetton, Renault, Lotus prima di Alpine) fregiandosi anche di ben 3 titoli Costruttori e Piloti con Michael Schumacher (Benetton-Renault) nel 1995 e Fernando Alonso (Renault F1 Team) nel 2005 e nel 2006. Ma è solo la punta dell’iceberg di un patrimonio sportivo consolidato nel tempo grazie ai successi ottenuti in altri settori quali rally ed endurance.

Briatore vuole che tutto questo sia scolpito nella testa di chi lavora in azienda e fa leva sull’aspetto emotivo. “C’è uno spirito completamente diverso rispetto a quando sono arrivato cinque mesi fa. Basta guardare i volti delle persone: i dipendenti si motivano con due cose: il denaro e il successo”. E aggiunge un’altra tessera fondamentale al mosaico: la fiducia che nei capi deve essere imprescindibile e per questo vanno scelti con cura. “Le persone che non sono giuste condizionano tutto l’ambiente di lavoro. E chi è intorno a loro si chiede: perché dovrei lavorare per qualcuno che è peggio di me?”.

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