La sfida green e quella del digitale. Sono queste le due spinte che stanno rinnovando l’anestesia, che celebra oggi la sua giornata mondiale in omaggio alla prima dimostrazione di successo di un’anestesia generale tramite etere dietilico, avvenuta il 16 ottobre 1846.
L’intelligenza artificiale per salvare vite
«Non siamo solo i “medici del sonno”, come a volte si semplifica con un’espressione fin troppo facile – esordisce Elena Bignami, presidente Siaarti, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva –. Siamo i medici del periodo perioperatorio e del post-operatorio, siamo i medici del dolore e, come ricordiamo tutti fin troppo bene dall’esperienza della pandemia, siamo quelli sempre presenti nelle terapie intensive. Ma in questo giorno celebrativo guardiamo al presente che è già futuro, fatto di digitale e intelligenza artificiale». In questa delicata specializzazione, infatti, le applicazioni della tecnologia stanno diventando molteplici. L’IA predittiva, ad esempio, sta trasformando l’approccio ai rischi passando dalle analisi generali a quelle personalizzate su ogni paziente che si sottopone ad anestesia, con una migliore prevenzione di complicanze come l’insufficienza renale acuta e una gestione più efficiente delle risorse. Si stanno sperimentando forme di “sedazione digitale” con l’uso della realtà virtuale e dei visori VR, e algoritmi alimentati con dati in tempo reale aiutano a dosare più precisamente i farmaci in base al metabolismo del paziente, riducendo rischi di sovra-anestesia e migliorando il recupero. Molti degli anestesisti italiani, inoltre, si formano a Bologna nel Centro di Simulazione Medica Avanzata di Aaroi-Emac, l’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani, dove vengono ricreati scenari realistici in ambiente sicuro. «La telemedicina e i sistemi IA conversazionali – aggiunge Bignami – ci stanno aiutando molto nella presa in carico del paziente nel prima, durante e dopo gli interventi, consentendoci anche di seguirlo meglio quando torna a casa. Stiamo pensando a chatbot dedicate che possano aiutare il paziente ricordando le medicine e monitorando i parametri vitali grazie a braccialetti e altri dispositivi indossabili. Questo, unito alla televisita, ci aiuta molto perché riduce il tempo di ospedalizzazione e ci permette di seguire le persone a casa, per ridurre le complicanze postoperatorie legate sia all’intervento chirurgico sia potenzialmente all’anestesia».
La svolta della sostenibilità ambientale
Parallelamente alla rivoluzione digitale, l’anestesia affronta la sfida della sostenibilità. «Per fortuna ci abbiamo messo la testa, perché effettivamente c’è da lavorare» – ammette la presidente Siaarti. Il settore sanitario è responsabile del 5% delle emissioni globali di gas serra nel mondo e le sale operatorie rappresentano un nodo critico. «L’8% dell’inquinamento degli ospedali deriva dai blocchi operatori, quindi è un dato importante da considerare», sottolinea. Siaarti ha elaborato le prime cinque raccomandazioni sull’Anestesia Green, pubblicate su Choosing Wisely Italy: il primo contributo ufficiale sull’anestesia sostenibile nell’ambito della rete Choosing Wisely International. «C’è da lavorare anche sulle cose come fossimo a casa: il vetro, la plastica, le cose apparentemente più semplici – spiega Bignami – perché sui rifiuti speciali è più facile, mentre invece sulla carta, sulla plastica e sul vetro dobbiamo ancora migliorare questo tipo di attenzione». La sfida è coniugare sicurezza e sostenibilità sui dispositivi monouso, che rappresentano almeno il 25% dei rifiuti ospedalieri: kit personalizzati, materiali bioplastici, raccolta differenziata accurata. Ma il tema più delicato è quello del grande impatto ambientale dell’uso di gas anestetici volatili, come il desflurano. Con il divieto europeo che scatterà dal 1° gennaio 2026, e che ne consentirà l’uso solo per comprovati motivi medici, si accelera il cambiamento. «Ci sono interpretazioni molto forti come quelle della European Society of Anaesthesiology and Intensive Care – conferma Bignami –. Noi cerchiamo di aiutare i nostri anestesisti nell’applicarla con opportunità, cercando di non usare quei farmaci quando ci sono alternative e di ridurne comunque al minimo l’utilizzo».
Una trasformazione culturale necessaria
Ma la trasformazione culturale investe anche la comunicazione scientifica. Siaarti è dovuta recentemente intervenire anche sul tema Fentanyl, il potente oppioide sintetico al centro delle cronache internazionali per gli abusi che ne hanno fatto una delle droghe più letali in circolazione. «È, ovviamente, sacrosanto perseguire i reati, ma attenzione alla disinformazione – precisa Bignami –. Le preparazioni e la farmacopea utilizzate in ospedale, rispetto allo spaccio e all’abuso, sono molto diverse. I dosaggi che noi usiamo in ospedale sono molto ridotti e vengono valutati solo dopo aver conosciuto il paziente, aver visto le sue funzioni vitali, la funzione renale, la funzione epatica, dopo aver visitato il paziente. E, soprattutto, sono somministrati una sola volta». La preoccupazione degli anestesisti è quella di demonizzare una molecola utilizzata quotidianamente in ambito clinico, con la conseguenza di stigmatizzare il trattamento del dolore e rischiare di compromettere l’accesso alle cure per migliaia di pazienti. L’obiettivo dell’anestesia, a 179 anni dalla sua invenzione, è chiaro: costruire un modello sanitario più responsabile, in cui qualità delle cure, gestione consapevole delle risorse ambientali e informazione corretta si accompagnino in una trasformazione che non riguarda solo le tecnologie, ma la cultura della professione.