Domande al via il 15 aprile per una nuova tranche di contratti di sviluppo: sono disponibili in tutto 500 milioni di euro. Il pacchetto di incentivi riguarda investimenti che verranno realizzati nelle Regioni meno sviluppate – Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna – con una quota pari a 162,5 milioni riservata a progetti nei settori definiti dalla piattaforma europea Step (Strategic technologies for Europe platform) cioè tecnologie digitali e innovazione delle tecnologie deeptech; tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse, incluse le tecnologie a zero emissioni nette; biotecnologie, compresi i medicinali critici.

La ripartizione

Le risorse – per la precisione pari a 497 milioni e 825mila euro – arrivano dal Programma nazione Ricerca innovazione e competitività dei fondi europei 2021-27: 162 milioni e 541mila euro sono destinati a sostenere programmi di sviluppo presentati da Pmi e da imprese di grandi dimensioni nei soli ambiti individuati dal Regolamento Step mentre i restanti 335 milioni e 284mila euro copriranno progetti presentati esclusivamente da Pmi, «anche» ma non solo negli ambiti Step.

Le domande, precisa il ministero delle Imprese e del made in Italy, dovranno essere presentate attraverso la piattaforma informatica che sarà messa online dal soggetto gestore, Invitalia. I piani di investimento potranno andare dalla creazione di una nuova unità produttiva all’ampliamento o la riconversione di un sito già esistente e le agevolazioni, all’esito dell’istruttoria, potranno essere concesse nella forma del contributo in conto impianti, del finanziamento agevolato, del contributo in conto interessi e del contributo diretto alla spesa (per i progetti di ricerca e sviluppo).

I tempi lunghi

I contratti di sviluppo sono uno strumento consolidato di politica industriale, introdotto nel 2008, che ha conquistato maggiore attenzione nelle ultime settimane con l’ipotesi che, dopo il negoziato già avviato con la Commissione europea, possa costituire il contenitore dove dirottare buona parte dei fondi del piano Transizione 5.0 che non riusciranno ad essere spesi entro la scadenza del Pnrr (al ritmo attuale in tutto potrebbe trattarsi di 3,5-4 miliardi). Se ne è parlato anche in riferimento a nuove risorse da fare affluire al mondo produttivo in risposta alla crisi che potrebbe essere innescata dall’entrata in vigore dei dazi Usa. Tuttavia le caratteristiche di questa misura sono oggetto di una serie di approfondimenti tra i tecnici dell’esecutivo. C’è l’elemento della destinazione territoriale molto marcata: fino a oggi, anche per i vincoli di utilizzo della quota finanziata dal Fondo sviluppo e coesione, il 70% è andato al Sud. Ci sono poi il limite dimensionale poco adatto alle piccole imprese – investimenti pari ad almeno 20 milioni di euro – e il fattore tempo. A differenza del carattere automatico dei crediti d’imposta 5.0 si parla in questo caso di un’agevolazione che viene concessa all’esito di una valutazione, con tempi molto lunghi stigmatizzati dalla Corte dei conti in una delibera pubblicata lo scorso gennaio dal collegio del controllo concomitante. La fase di istruttoria e negoziazione tocca in media 134 giorni a fronte dei 120 giorni previsti; quella che include trasmissione della determinazione e sottoscrizione per accettazione della determinazione arriva a 165 giorni contro 50, quella per la stipula del contratto di finanziamento può richiedere ulteriori 138 giorni a fronte di 30. In tutto, in media, la procedura per un contratto di sviluppo può richiedere quindi quasi 15 mesi.

Il possibile impiego

Un tempo enorme rispetto ai vantaggi dei crediti d’imposta 5.0 e teoricamente incompatibile con un intervento per alleviare i danni da dazi che si tramuterebbero in una contrazione immediata del fatturato. A meno che non si punti a utilizzare le risorse per lo scorrimento di progetti arretrati che sono già in istruttoria, ma in questo caso non ci sarebbe un reale effetto addizionale.

Condividere.
Exit mobile version