“Ho consegnato una domanda al Presidente Fontana per istituire il Giurì d’onore” e “ristabilire la verità dei fatti”.
Così il presidente 5Stelle, Giuseppe Conte, ricorre formalmente a uno strumento parlamentare di raro utilizzo, messo a disposizione dei parlamentari per “fatto personale“, cioè a tutela della loro onorabilità. Ma andiamo con ordine.
Il caso
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo in Senato il 13 dicembre scorso ha accusato il governo guidato da Giuseppe Conte di aver dato l’assenso al Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, nel gennaio 2021, “quando era in carica solo per gli affari correnti, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia, con il favore delle tenebre“. Il fax agitato dalla premier in Aula era però datato 20 gennaio 2020, il governo si dimise solo 6 giorni più tardi. Il Parlamento aveva peraltro dato il suo via libera alla ratifica del Mes il 9 dicembre 2020.
Conte ebbe facile gioco dunque a rintuzzare le accuse e aggiunse: “Sapete chi ha portato il Mes in Italia? Il governo Berlusconi nell’agosto 2011 e tu Giorgia Meloni eri lì come ministro, io facevo l’avvocato. Tu eri già lì a fare danni”.
Di ieri è la formalizzazione della richiesta di un Giurì d’onore, con una lettera al presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. In conferenza stampa Conte rincara: “Ho chiesto di istituire un giurì d’onore e una commissione deputata ad accertare le menzogne denigratorie e la dolosa condotta di Giorgia Meloni che ha leso l’onore di un singolo deputato, l’intero mio gruppo, ha danneggiato e danneggia l’Italia e umilia il Parlamento”.
Il Giurì d’onore: che cosa è e come funziona
Lo strumento è istituito in base all’articolo 58 del Regolamento, secondo il quale “quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una commissione la quale giudichi la fondatezza della accusa; alla commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”.
A farne parte vengono chiamati solitamente componenti dell’Ufficio di presidenza che non appartengano agli stessi Gruppi dei deputati protagonisti della controversia, in questo caso Fdi ed M5S. Con la particolarità che però stavolta uno dei deputati chiamato in causa, Giorgia Meloni, è presidente del Consiglio. In passato la commissione è stata composta da tre o cinque membri e presieduta da un vicepresidente della Camera. In questa circostanza potrebbe toccare a Giorgio Mulè, di Forza Italia, o ad Anna Ascani, del Pd, visto che sono da escludere Fabio Rampelli, di Fdi, e Sergio Costa, di M5S.
Non è previsto che il Giurì proponga o commini sanzioni, prerogativa che spetta all’Ufficio di presidenza, ma è chiamato a svolgere un’istruttoria sui fatti oggetto della controversia sentendo i diretti interessati e quindi a sottoporre le proprie conclusioni all’Aula, che si limita a prenderne atto.
Da inizio legislatura è la seconda volta che viene istituito il Giurì d’onore. L’organismo di Montecitorio si riunì infatti tra febbraio e il marzo di quest’anno su richiesta dei deputati del Pd Silvio Lai, Andrea Orlando e Debora Serracchiani, dopo le accuse rivolte loro in Aula dal coordinatore di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, per la visita in carcere compiuta insieme al senatore democratico Walter Verini all’anarchico Alfredo Cospito.
l’articolo 58 del Regolamento della Camera