Ieri si è tenuta la prima udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale sul divieto di Pma per le donne singole e coppie dello stesso sesso. Tutto parte dal caso di Evita, donna 40enne single che vorrebbe diventare madre in Italia, ricorrendo alla procreazione assistita. La sentenza è attesa nei prossimi giorni.
Si è tenuta ieri a Roma l’udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale sul divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per le donne singole e per coppie dello stesso sesso. La sentenza dovrebbe arrivare nei prossimi giorni.
I giudici della Consulta potrebbero prendersi qualche giorno per decidere sul caso di Evita, 40enne single di Torino che vorrebbe diventare mamma, che aveva chiesto di accedere alle tecniche per la procreazione medicalmente assistita in un centro in Toscana, ma si è vista respingere la sua richiesta, perché la legge in vigore glielo vieta. In Italia infatti la materia è regolata dalla legge 40, che permette solo alle coppie formate da maggiorenni eterosessuali, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, di accedere alla Pma.
“Da qualche anno ho preso coscienza del fatto che vorrei avere un figlio, ma fino ad ora non ho trovato la persona giusta. Ho molte amiche che si trovano nella mia stessa situazione. Sento la voglia di diventare madre, sono nella condizione economica e sociale per potermelo permettere, perché ho un lavoro stabile, sono da sempre autonoma. Non mi manca nulla rispetto a tante altre famiglie. Ma a quanto pare la mia situazione non è sufficiente per lo Stato perché io acceda alla fecondazione assistita in Italia”, ha raccontato in un’intervista a Fanpage.it.
Evita, 40enne single che vuole diventare mamma con la Pma: “La legge me lo vieta”. Ora deciderà la Consulta
Evita, assistita dall’Associazione Coscioni, ha così presentato ricorso al tribunale di Firenze, che a sua volta ha sollevato questione di legittimità costituzionale. La donna ha contentato la violazione di diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), come quello all’uguaglianza e alla salute.
Insieme a Evita, nel procedimento davanti alla Corte costituzionale, è stata ammessa dai giudici anche un’altra donna bresciana, Serena, 38 anni, che dopo aver ricevuto il diniego di due centri in Italia, è andata all’estero per avere un figlio tramite Pma, e ora è in gravidanza. Anche lei è supportata dal team legale dell’Associazione Coscioni, che è rappresentata davanti ai giudici della Consulta dal collegio legale di studio e difesa composto da Filomena Gallo, Maria Elisa D’Amico, Benedetta Liberali, Irene Pellizzone, Francesca Re, Angelo Calandrini, Paola Stringa, Rocco Berardo, Alessia Cicatelli.
La posizione della difesa
Nel corso dell’udienza, la difesa ha sottolineato la necessità di rimuovere il divieto che attualmente impedisce alle donne senza un compagno o un marito di accedere alle tecniche di fecondazione assistita. L’avvocata Filomena Gallo (Associazione Luca Coscioni), durante la discussione, ha evidenziato che “la Corte costituzionale, nel corso dei 21 anni di vigenza della legge 40 del 2004, ha già avuto un ruolo fondamentale nel ripristinare la legalità costituzionale e nell’affermare i diritti fondamentali. Ci sono state cinque dichiarazioni di incostituzionalità, che hanno avuto effetti concreti e tangibili: famiglie con bambini che crescono e che sono il futuro del nostro Paese. La genitorialità, anche sulla base della giurisprudenza della Consulta, è basata, correttamente, sull’assunzione di responsabilità, che deve esserci a prescindere dal legame biologico e genetico, così come dallo status sociale, economico e quant’altro. Cancellare il divieto di accesso a queste tecniche per le donne singole non determina alcun vuoto normativo”.
“In particolare – prosegue l’associazione Luca Coscioni in una nota – è stato evidenziato in discussione che l’ultima relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 40, riporta che il numero di bambini nati grazie alle tecniche di fecondazione assistita è aumentato del 30,24% rispetto al 2015. Nel 2022 sono stati registrati 16.718 bambini nati tramite Pma, che corrispondono al 4,25% del totale dei nati in Italia. Questo dato evidenzia la crescente domanda di accesso a queste pratiche”.
Intanto, l’associazione Luca Coscioni ha lanciato la campagna Pma per tutte, che in poche ore ha superato le 11mila firme, per chiedere che anche le donne singole possano avere un figlio con la fecondazione assistita.
Cosa ha detto l’Avvocatura dello Stato sulla Pma per donne single
Per l’Avvocatura dello Stato, invece, la questione di legittimità sollevata dal tribunale di Firenze in relazione all’articolo 5 della legge 40, nella parte in cui appunto prevede che possano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”, e non, dunque, le donne senza un compagno o un marito, è da dichiarare “inammissibile”.
L’Avvocatura dello Stato è intervenuta in udienza in rappresentanza della presidenza del Consiglio. “I precedenti interventi della Corte sulla legge 40 hanno riguardato altri aspetti, mai hanno inciso sul requisito della famiglia per il nascituro”, ha ricordato l’avvocata dello Stato Wally Ferrante, sottolineando che “solo il legislatore può prendere decisioni di questo tipo” e che “il legislatore fa in modo che il bambino sia, almeno in partenza, nelle migliori condizioni riguardo al contesto dove si trova a vivere. Ha circoscritto l’accesso alla Pma affinché garantisca la migliore situazione per la crescita e l’identità personale di un bambino che avrà il diritto di sapere un giorno come è stato generato”.
L’Avvocatura dello Stato, inoltre, ha posto in evidenza che “la disparità”, in casi come quello all’esame, “non si ha tra una donna single e una coniugata, ma tra una donna single e una coppia. Quindi non stiamo parlando di situazioni omogenee”. E ancora: “se parliamo di diritto alla genitorialita’ intangibile – ha concluso – allora si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra donne e uomini single e la soluzione sarebbe solo nella gestazione per altri: siamo tutte quante a difesa dei diritti delle donne, riflettiamo su cosa vuol dire questa pratica”.