Sono un lavoratore dipendente che, tuttavia, sta pensando di lasciare il lavoro e di vivere “di rendita” mediante Etf con distribuzione dei dividendi e, qualora necessario, utilizzando la Rita (ho accantonato 220mila euro nella previdenza complementare dal 2000).
Io e mia moglie siamo
ultracinquantenni che percepiranno la pensione non prima di 10 anni. N
on abbiamo figli (lei è casalinga) e possediamo due immobili liberi da gravami del valore complessivo di 600mila euro. La propensione al rischio è elevata, attualmente i 300mila euro di risparmi sono allocati in una pluralità di fondi comuni prevalentemente azionari.Occasionalmente pratico trading online impiegando liquidità detenuta per circa 100mila euro.Il fabbisogno finanziario è di circa 30mila euro annui.

Paolo S.

Risponde Marcello Rubiu, amministratore unico Norisk Scf

Il lettore tocca un tema di grande rilevanza: la possibilità di vivere di rendita grazie al capitale accumulato e agli strumenti finanziari disponibili. Si tratta di una questione centrale nella pianificazione finanziaria, che rappresenta un elemento imprescindibile per garantire continuità al proprio tenore di vita soprattutto alla luce dell’aumento della longevità. È proprio la pianificazione e la programmazione a consentire di affrontare con serenità le diverse fasi dell’esistenza. Nella situazione in esame, le risorse diventano infatti il principale strumento di sostentamento per i prossimi 10 anni, prima del pensionamento ed è quindi fondamentale adottare un approccio prudente e consapevole ai rischi. Uno dei temi sollevati dal lettore riguarda l’utilizzo degli Etf a distribuzione dei proventi. È importante evidenziare che molti di questi strumenti, per offrire rendimenti apparentemente più elevati, selezionano e sovrappesano società che pagano dividendi generosi, sottopesando al contrario quelle società “growth” che reinvestono gli utili e che negli ultimi anni hanno rappresentato i principali motori di crescita dei mercati. Questa scelta porta inevitabilmente a una distorsione rispetto all’andamento del mercato globale, configurandosi di fatto come una selezione attiva. Per questo motivo, se da un lato gli Etf dividend focus possono essere inclusi in portafoglio, dall’altro è essenziale che non si discostino in maniera significativa dal mercato complessivo.Il secondo aspetto riguarda la gestione del patrimonio e la propensione al rischio dell’investitore. Anche laddove esso si dichiari disposto ad assumere una volatilità elevata, va ricordato che in assenza di reddito da lavoro, il capitale smette di essere una semplice riserva finanziaria e diventa la principale fonte di reddito. È proprio in questa fase che un’eccessiva concentrazione su strumenti rischiosi, come gli Etf azionari o il trading online, espone a potenziali perdite difficilmente sostenibili. Oltretutto, il trading non può essere considerato una fonte stabile di reddito: può essere mantenuto come attività personale, ma solo nella misura in cui sia vissuto come impiego di capitale a rischio totale. Quanto alla Rita (rendita integrativa temporanea anticipata) è accessibile in due casi: quando mancano meno di 5 anni all’età di pensionamento, oppure se si è inoccupati da almeno 24 mesi e con non più di 10 anni al pensionamento. Nel caso in esame, la possibilità di attivare la Rita scatterebbe solo dopo due anni dall’eventuale interruzione del rapporto di lavoro.In sintesi dal punto di vista della pianificazione finanziaria complessiva, costruire una rendita esclusivamente tramite dividendi da Etf azionari o attraverso il trading significa esporsi a rischi molto elevati. Una soluzione più solida passa per la creazione di un portafoglio diversificato, che preveda una componente obbligazionaria ben calibrata – comprendente titoli governativi, obbligazioni societarie investment grade e, in misura contenuta, strumenti a rendimento più elevato – capace di garantire cedole stabili intorno al 2,5% annuo. La parte azionaria, invece, dovrebbe essere rappresentata da strumenti globali e diversificati, non limitati alla sola selezione di titoli ad alto dividendo. I dati storici mostrano infatti che, negli ultimi dieci anni, gli indici azionari globali hanno offerto un rendimento totale (prezzo più dividendi) superiore di circa il 3,4% annuo rispetto agli indici focalizzati esclusivamente sulle società ad alto dividendo.

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