Il quarto taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce aiuterà la famiglie che hanno un mutuo a tasso variabile, e chi cerca un nuovo prestito. Marco Rossi, professore di Economia politica alla Sapienza, ha spiegato a Fanpage.it perché però l’effetto più importante per l’Italia è un altro, e cosa ci si può aspettare per l’anno prossimo.
Intervista a Marco Rossi
Professore di Economia politica all’Università “La Sapienza” di Roma
La Banca centrale europea ha deciso, per la quarta volta quest’anno, di abbassare i tassi d’interesse: un taglio di 25 punti base, o dello 0,25%, che ha confermato l’intenzione della Bce di voltare pagina rispetto agli ultimi due anni, quando i tassi erano cresciuti moltissimo. Il taglio significa che chi ha un mutuo a tasso variabile, come anche chi cerca un nuovo prestito, incontrerà condizioni più favorevoli. Ma non solo: per l’Italia significa anche pagare meno interessi sul proprio enorme debito pubblico.
A Fanpage.it ha spiegato la situazione attuale Marco Rossi, professore di Economia politica alla Sapienza di Roma. Rossi ha chiarito che il beneficio ci sarà, ma sarà piuttosto limitato. Bisogna ricordare, ha detto, che “la politica monetaria è come una corda con cui puoi tirare il cane, ma non puoi spingerlo. La Bce può creare delle condizioni favorevoli, ma poi decidere se acquistare una macchina, o una casa, o investire nella propria azienda, è una scelta che spetta al singolo”, che spesso decide più che altro sulla base delle sue aspettative per il futuro.
E dunque, il futuro: guardando all’anno prossimo, le condizioni sembrano incoraggianti. Se non altro dovrebbe continuare il periodo dei tagli. Ma può sempre arrivare un evento esterno – come una guerra – che metta in discussione tutto.
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Professore, che effetto avrà il nuovo taglio della Bce per le persone?
La riduzione dei tassi di interesse praticati sul mercato, ovviamente, favorisce il credito al consumo, ovvero i prestiti e i mutui. Questi potrebbero finanziare anche gli investimenti delle imprese, quindi l’effetto si allarga sia alle famiglie che alle imprese.
Concretamente quindi si parla di rate più basse per i mutui?
Sì, per le famiglie l’effetto principale è la riduzione parziale del costo dei mutui già accesi a tassi flessibili: tipicamente i mutui sulla casa, o per l’acquisto di un’automobile o altri beni durevoli. Naturalmente, se invece hanno un prestito a tassi fissi, la questione non si pone. Va sottolineato, comunque, che questo taglio dei tassi di interesse non è così rilevante: porterà probabilmente dei vantaggi marginali, su base mensile.
Il governo Meloni, e anche alcuni analisti, chiedevano che il taglio della Banca centrale fosse più ampio: non 25 punti base, ma 50. Cosa ne pensa?
La Bce determina l’entità del taglio sulla base di analisi econometriche, che tengono in conto l’andamento dei mercati finanziari e non solo. La scelta è tarata per non creare particolari scossoni: se ha deciso di tagliare un quarto di punto, anziché mezzo punto, credo che avesse le sue buone ragioni. Probabilmente l’intenzione è quella di mantenere la guardia ancora alta, per contenere eventuali riprese dell’inflazione, che comunque sembra star rientrando nella norma.
Perché il governo insiste a chiedere tagli più forti? Cosa ci guadagna l’Italia?
L’effetto forse più importante, per l’Italia, è il calo del costo del debito pubblico.
Ovvero?
In generale, una riduzione del tasso di interesse riduce il peso del debito per coloro che sono già debitori. La pubblica amministrazione italiana ha un debito molto elevato, il cosiddetto debito pubblico. Se si riduce il tasso di interesse, si abbassa la quantità di interessi da versare sul debito pubblico.
Quindi lo Stato risparmia?
Sì, e di conseguenza può permettersi di abbassare la tassazione in futuro (o comunque aumentarla di quanto sarebbe accaduto altrimenti). Oppure la pubblica amministrazione può approfittare di queste condizioni favorevoli per fare altra spesa pubblica, espandere il deficit, e di conseguenza aumentare il debito pubblico. Si tratta di una scelta politica.
La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto che se le cose continuano come stanno andando adesso, ci saranno nuove riduzioni dei tassi d’interesse nel 2025. Chi ha un mutuo, o chi vuole chiederne uno, può quindi essere fiducioso?
A meno che si verifichino altri shock monetari, le cause di fondo a cui si deve l’inflazione sembrano star venendo meno. In particolare, pare che l’enorme massa monetaria creata negli anni di Mario Draghi alla guida della Bce si stia lentamente riassorbendo. Strutturalmente, quindi, non ci sono motivi per credere che ci sarà un rialzo dell’inflazione nel prossimo futuro.
Perché dice che l’aumento dell’inflazione negli ultimi anni è stato legato agli anni (dal 2011 al 2019) in cui Mario Draghi è stato presidente della Banca centrale?
Il picco di inflazione degli ultimi anni, che ha poi portato all’incremento dei tassi di interesse dal 2022 in avanti per provare a frenarlo, nasceva una politica monetaria precisa. Il “quantitative easing”, una politica ultra espansiva e non convenzionale adottata dalla Bce sotto la presidenza di Mario Draghi.
Cosa fece la Banca?
In quegli anni immise moltissima moneta in Europa, per sostenere gli Stati durante la crisi del 2011. In assenza di crescita economica, inevitabilmente questo doveva dar luogo all’inflazione. Ricordiamo che l’inflazione aumenta quando c’è troppa moneta a fronte di troppi pochi beni prodotti: esattamente la situazione che c’è stata negli ultimi anni.
Oggi siamo in una fase nuova, con inflazione nuovamente in ribasso e i tassi d’interesse che scendono. Si può dire che ci resteremo?
Ci possono sempre essere sconvolgimenti particolari, che modificano le aspettative degli operatori. Non dimentichiamo che l’inflazione passata, secondo molti analisti, è stata innescata dall’invasione della Russia in Ucraina. È stata la scintilla che ha fatto esplodere il fenomeno, dopo che Mario Draghi aveva messo la benzina.
Bisogna preoccuparsi allora per questioni come la guerra in Medio Oriente, in Ucraina, o la presidenza Trump negli Stati Uniti?
Gli effetti delle vicende belliche, e in generale gli shock negativi, possono creare condizioni di incertezza. Timori che disincentivano a scommesse sul futuro, come sono gli investimenti o i mutui. Le conseguenze poi dipendono molto da come il mercato reagisce a questa incertezza. In ogni caso, le condizioni strutturali restano quelle che abbiamo descritto finora, con l’inflazione in calo.