In una fase di rigetto dei metodi Esg, ci sono gestori di fondi che ricordano quanto siano state importanti le analisi extra finanziarie per schivare l’investimento nella società giapponese Olympus.
L’8 novembre 2011, l’azienda che allora produceva componenti ottici, fu travolta da una maxi frode di 1,7 miliardi di dollari: in quella data il management fu costretto a dichiarare al mercato l’inadeguatezza delle proprie pratiche contabili. Quotata alla Borsa di Tokyo, Olympus perse il 70% del valore.
Da quella caduta, però, la società si è risollevata e oggi è leader mondiale nell’ottica di precisione, impiega oltre 28 mila persone e ha messo in piedi soprattutto una solida struttura di corporate governance. Ed è questo uno dei motivi per cui la casa di investimenti francese, Comgest, ha deciso di investire nell’azienda nipponica. La stessa Comgest che, in un approfondito recente report sul caso della società giapponese, ha sottolineato l’importanza delle valutazioni Esg che hanno consentito ai suoi gestori di scansare l’investimento in Olympus, nel 2011, prima che scoppiasse lo scandalo. Il documento è a firma di Sébastien de Frouville e Richard Kaye.
Perché Comgest disse di no
La storia della vecchia Olympus è abbastanza nota e ha fatto grande scalpore all’epoca: erano state nascoste minusvalenze e fatte sparire perdite «attraverso transazioni complicate o società di comodo», si legge nel report.
Qui ci interessa capire, in particolare, in che modo Comgest sia riuscita a evitare l’investimento visto che, viene spiegato, «da settembre 1998 a marzo 2008, l’Eps (utile per azione, ndr) di Olympus è aumentato di sette volte». Comgest infatti ha come strategia l’investimento in titoli a lungo termine quality growth e dunque c’erano tutte le condizioni per entrare nell’azionariato dell’azienda.