L’Europa ricopre un ruolo pionieristico nella regolamentazione tecnologica (come dimostrano il GDPR, il DMA, il DSA e l’AI Act), ma non ancora nello sviluppo e nell’implementazione di nuove tecnologie su larga scala. La complessità normativa dell’Europa e il mosaico di leggi nei diversi Stati membri spesso scoraggiano le aziende a lanciare nuovi prodotti in Europa. Meta, Google e altri hanno ritardato il lancio dei loro assistenti di IA in Europa, e anche aziende europee di successo come Volkswagen si stanno sempre più allontanando per sviluppare e lanciare i loro prodotti di IA negli Stati Uniti. Con la rapida diffusione dell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti e in Cina, il divario tra queste superpotenze e l’UE sta aumentando sempre di più.

Come può l’Europa cambiare rotta?

L’infrastruttura di base per i modelli di IA fondamentali è estremamente costosa e ad alta intensità energetica. Ma distribuire e personalizzare i modelli di IA, specialmente quelli open source, darà alle imprese, alle start-up e ai ricercatori europei accesso a strumenti che altrimenti non sarebbero in grado di sviluppare autonomamente. Grazie all’elevato standard delle Università in Europa che producono talenti di primo livello e alla nostra grande capacità di ricerca e sviluppo, potremmo diventare leader mondiali nell’applicazione dell’IA, realizzando app e servizi attraverso i quali le persone possono sperimentare questa nuova e potente tecnologia.

L’Europa non sta facendo leva sul suo più grande punto di forza: il suo mercato unico che conta 450 milioni di consumatori. I leader europei hanno sottolineato più volte che uno dei loro obiettivi principali è che l’Europa sia in grado di competere con gli Stati Uniti e la Cina nel settore tecnologico: il loro desiderio è che la prossima Silicon Valley sorga sul suolo europeo. Condivido questa ambizione. In quanto orgoglioso cittadino europeo, mi piacerebbe vedere la prossima Meta, Alibaba o Google nascere nel nostro continente. Abbiamo tutti gli ingredienti necessari: un vasto mercato di consumatori, grandi università, talenti di primo livello e una storia di sperimentazione e innovazione.

Il mercato unico digitale inadeguato

Ma nonostante tutto l’attivismo normativo – dal 2019 ad oggi sono stati adottati ben 77 nuovi atti legislativi dell’UE in materia digitale – siamo stati frenati dalla nostra incapacità di realizzare adeguatamente il mercato unico digitale. È sorprendente, ad esempio, che una startup digitale di Amsterdam debba ancora districarsi tra 27 diverse leggi sulla proprietà intellettuale, varie normative per la concessione di licenze sui contenuti, autorità per la protezione dei dati e altri ostacoli prima di poter essere operativa in tutto il continente.

Durante i miei anni a Bruxelles da giovane, negli anni ’90, il mercato unico era motivo di grande ottimismo. Ho studiato al Collegio d’Europa – dove ho conosciuto mia moglie Miriam – e sono diventato funzionario della Commissione Europea nel periodo di massimo splendore della globalizzazione e dell’integrazione europea. Il Muro di Berlino era caduto, l’Atto Unico Europeo si stava consolidando, il Trattato di Maastricht era appena stato firmato e l’OMC (Organizzazione mondiale del commercio) era già in funzione. Alla fine degli anni Novanta e all’inizio degli anni Duemila ero deputato al Parlamento europeo, quando sembrava che il mondo si stesse unendo, e l’UE – questo straordinario esperimento di cooperazione, apertura e partecipazione – era il simbolo di questo ottimismo.

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