Parlando il 30 settembre, Qassem ha detto che Hezbollah avrebbe scelto un successore del segretario generale ucciso “alla prima occasione” e avrebbe continuato a combattere Israele in solidarietà con i palestinesi. “Quello che stiamo facendo è il minimo indispensabile… Sappiamo che la battaglia potrebbe essere lunga”, ha detto in un discorso di 19 minuti.

Nato nel 1953 a Beirut da una famiglia del sud del Libano, Qassem è sposato e ha 6 figli. Ha studiato chimica all’Università libanese prima di lavorare per diversi anni come insegnante e di proseguire, in parallelo, gli studi religiosi. Ha partecipato alla fondazione dell’Unione libanese degli studenti musulmani, un’organizzazione che si proponeva di promuovere l’adesione religiosa tra gli studenti. Negli anni ’70, Qassem si unisce poi al Movimento degli espropriati, un’organizzazione politica fondata dall’Imam Moussa Sadr che spingeva per una maggiore rappresentanza della comunità sciita del Libano, storicamente trascurata e impoverita. Il gruppo si trasforma nel 1974 nel movimento Amal, uno dei principali gruppi armati nella guerra civile libanese e ora un potente partito politico. Lasciò il gruppo nel 1979 sulla scia della rivoluzione islamica iraniana, che modellò il pensiero politico di molti giovani attivisti sciiti libanesi. Qassem prese parte agli incontri che portarono alla formazione di Hezbollah, istituito con il sostegno delle Guardie rivoluzionarie iraniane in risposta all’invasione israeliana del Libano nel 1982.

Qassem è stato il coordinatore generale delle campagne elettorali parlamentari di Hezbollah da quando il gruppo le ha contestate per la prima volta nel 1992.

Nel 2005, ha scritto una storia di Hezbollah vista come un raro “sguardo dall’interno” sull’organizzazione. Sia Nasrallah che Safieddin, entrambi uccisi da Israele, erano sayyid, ovvero appartenevano alla schiera dei ’discendenti del profeta’ Maometto, una vera e propria nobiltà morale e politica nello sciismo politico. Qassem – che indossa il turbante bianco, non un sayyid ma uno shaykh – è una figura di rispetto che però non detiene quella autorità religiosa e politica dei sayyid, che indossano il turbante nero.

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