Prima di diventare dirigenti a tempo indeterminato i funzionari e i quadri della Pa che si candideranno allo «sviluppo di carriera» dovranno superare un triplo esame: il primo per accedere all’incarico temporaneo, il secondo per vederselo rinnovato e il terzo per l’inserimento definitivo nei ruoli della dirigenza. A guidare la valutazione sarà una commissione di cinque componenti, quattro interni all’amministrazione e uno esterno, completata da un «assessor», cioè un professionista esperto nella selezione del personale.

La bozza

A tracciare la nuova architettura è il «disegno di legge Merito» che il ministro per la Pa Paolo Zangrillo discuterà oggi in consiglio dei ministri. L’ultimo confronto tecnico è previsto nel preconsiglio slittato a questa mattina, da cui uscirà il testo per la riunione pomeridiana di governo che dettaglierà anche le regole per la transizione al nuovo sistema. Ma i 15 articoli delle bozze sono chiari nell’indicare i punti cardine di quella che punta a essere una riforma profonda delle carriere e della valutazione dei dipendenti pubblici. Con un progetto fondato su tre pilastri: l’apertura di una strada che porta alla dirigenza anche senza concorso pubblico, il ridisegno dei giudizi di merito sull’operato dei dipendenti e una riscrittura della disciplina degli organi interni di valutazione (Oiv), a cui il Governo dovrebbe procedere con delega entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova legge per rafforzarne autonomia e competenza.

La platea

Sui “dirigenti senza concorso” la riforma scrive il capitolo più delicato, chiamato a dialogare con l’articolo 97 della Costituzione («Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge») che nell’interpretazione consolidata fin qui ha imposto la selezione pubblica anche per i funzionari desiderosi di salire di grado. Eccezioni già ci sono, a partire dalle «carriere» prefettizia, diplomatica e penitenziaria che si sviluppano sulla base di valutazioni individuali dopo il concorso che ne regola l’accesso. L’idea portata avanti da Zangrillo è quella di ampliarne il raggio, costruendo uno «sviluppo di carriera» (questa la definizione nella norma) che incentivi i candidati a sviluppare le proprie capacità organizzative e professionali più che le competenze giuridiche e mnemoniche necessarie a superare il concorso.
Come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, questa strada dovrebbe aprirsi per il 30% dei posti dirigenziali (resta fermo il 50% riservato ai corsi Sna, l’altro 20% sarà coperto dai concorsi delle singole amministrazioni) a cui si potrà candidare chi ha passato almeno cinque anni nel ruolo di funzionario o due in quello di quadro (sono le «elevate qualificazioni). Il rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, pubblicità e trasparenza sarà affidato ai meccanismi di selezione e valutazione, scanditi in tre passaggi. Il primo porta all’incarico temporaneo, di durata compresa fra i due e i tre anni, a cui si potrà arrivare dopo un giudizio comparativo dei risultati ottenuti nella posizione ricoperta fin qui dall’interessato, una prova di carattere pratico e non giuridico e un colloquio con l’assessor. Un nuovo esame è previsto alla scadenza dell’incarico, per avere il rinnovo indispensabile ad ambire al ruolo, dove si potrà accedere solo dopo quattro anni da dirigente a tempo. La valutazione al termine del secondo incarico, effettuata da una nuova commissione, deciderà infine sull’accesso al ruolo.

Cambiano le pagelle

Nelle ambizioni della riforma c’è però anche il ripensamento dei sistemi di valutazione di tutto il personale, da tradurre con premi in busta paga che proveranno a garantire «effettività e progressività» attraverso incentivi «strettamente corrispondenti in termini percentuali alla valutazione conseguita». Da questo obiettivo nasce il tetto che impedirà di assegnare pieni voti a più del 30% del personale (Sole 24 Ore di ieri) e di giudicare «eccellente» (con relativo bonus) più del 20%. Quel che si risparmierà dalla riduzione dei premi ai dirigenti sarà girato ai fondi per la retribuzione accessoria del resto del personale. Per essere effettivi, come più volte chiesto in prima persona dallo stesso Zangrillo, gli obiettivi andranno fissati entro marzo, a differenza di quanto accade spesso oggi con le amministrazioni impegnate nel tardo autunno a sbrigare la pratica della definizione dei target di un anno quasi concluso. E nel sistema di valutazione di dirigenti e titolari di incarichi di responsabilità, accanto agli obiettivi dovranno incidere una serie di «caratteristiche trasversali» come «la capacità di superare schemi consolidati», la «capacità realizzativa», la disponibilità alla «cooperazione interna ed esterna», l’attitudine ad «agire velocemente con tempestività e decisione» e la «capacità di costruire team ad alte performance e di valorizzare i propri collaboratori». Tutti temi abituali almeno nella teoria della gestione del personale nel settore privato, ma fin qui poco battuti nelle Pa.

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