«Delle ultime otto vendemmie, Ca’ del Bosco ne ha fatte cinque e mezzo. Un anno abbiamo perso i il 67% dell’uva per il maltempo. Una volta qui in Franciacorta la minaccia era soprattutto la grandine, ora sono sempre più frequenti la siccità, le gelate o le piogge torrenziali». Maurizio Zanella, fondatore e presidente di Ca’ del Bosco, commenta così gli investimenti sui vigneti portati avanti in questi ultimi anni e che regsitrano un’acceleraizone soprattutto nell’ultimo bilancio.

Zanella: biologico irrinunciabile per tutelare il territorio

Il nesso? «Vogliamo continuare a garantire livelli di qualità e quantità il più possibile costanti, senza ricorrere a uva di conferitori terzi e per farlo occorre poter contare su un numero adeguato di vigneti in diverse zone della Franciacorta. Soprattutto se si sceglie il biologico: alle nostre latitudini questo tipo di conduzione dei vigneti non è facile e costa sacrifici. Ma per noi è irrinunciabile. Più che per la qualità del vino è una scelta che preserva il terreno, che è il nostro primo asset – spiega –. Ormai si vendemmia a metà agosto, per fortuna abbiamo investito già da molti anni in vigneti più alti, che garantiscono maggiore acidità alle uve, ma ora la possibilità di espandersi in altezza è limitata. I boschi non si possono toccare ed giusto che sia così».

«Un aiuto potrebbe arrivare anche dall’Erbamat (vitigno autoctono da qualche anno entrato nel disciplinare, ndr). Bisogna lavorare ancora un po’ sugli incroci – aggiunge Zanella – ma potrà dare molto al Franciacorta, non solo per la sua acidità, ma anche perché arricchisce la denominazione essendo una varietà nata qui e che quindi rafforza le radici territoriali».

Tra potenziale di crescita ed equilibrio

Gli ettari, tra vigneti di proprietà e in conduzione, sono passati da 266 a 280 solo tra il 2023 e il 2024, ed erano 262 nel 2021, per un investimento di 3,6 milioni in 4 anni (su un totale di investimenti tecnici a bilancio di oltre 26 milioni). «L’obiettivo è salire a 300 ettari nei prossimi tre anni, per poter sfruttare al meglio la capacità della nostra cantina e arrivare a un potenziale di 2,4 milioni di bottiglie all’anno, clima permettendo. Un livello mai raggiunto prima, ma l’obiettivo primario è mantenere un equilibrio e ostacolare le eventuali perdite di produzione, non inseguire la crescita ad ogni costo», precisa Zanella.

Campanello d’allarme nei ristoranti

Anche perché, nonostante i problemi a livello di frenata dei consumi riguardino soprattutto i rossi, un campanello di allarme si è acceso anche in Ca’ del Bosco.
«Storicamente le nostre vendite sono destagionalizzate, per la maggior parte legate ai consumi nella ristorazione (l’etichetta è presente in una sola catena di supermercati, ndr) e meno alla regalistica o alle feste di fine anno. Infatti abbiamo sempre venduto tutta la produzione entro ottobre. Nel 2024, per la prima volta questo non è successo – racconta Zanella – e la chiusura si è spostata più avanti. Abbiamo perso pochissimo rispetto ad altri, ma è un segnale di come ci sia meno capacità di spesa anche tra i clienti di una fascia di ristorazione medio-alta. Poi ci sono i giovani che bevono meno, ma è anche colpa del mondo del vino che gli ha fatto credere che serva una laurea per ordinare una bottiglia».

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