Nonostante il calo registrato nel 2024 in 17 Paesi dell’area euro, le famiglie italiane continuano a pagare le bollette più alte insieme a quelle tedesche. È quanto emerge dai dati diffusi dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente, in occasione della presentazione al governo e al Parlamento della Relazione annuale 2024, l’ultima del collegio presieduto da Stefano Besseghini. Che oggi, nell’aula dei gruppi Parlamentari, particolarmente gremita, ha richiamato la necessità, che fermo restando «l’impegno attivo nello sviluppo di soluzioni di medio e lungo termine» per alleggerire i costi diversificando il mix energetico italiano (ancora troppo dipendente «da materia prima di importazione costosa e spesso esposta a imprevedibili sollecitazioni esogene», leggi gas), non bisogna allentare «l’impegno immediato alla transizione verso assetti di produzione e di consumo sostenibili». Senza tralasciare le opzioni strategiche già sul tavolo, come la tecnologia nucleare («bene ha fatto il governo a riportare nel dibattito questo tema», dice Besseghini).

Il gap con il resto d’Europa

Occorre, dunque continuare a lavorare sui prezzi. Anche perché i numeri dell’Arera documentano, come detto, un significativo divario rispetto al resto dei Paesi Ue. Nel confronto con i principali Paesi di riferimento, scrive l’Arera, i prezzi più alti si confermano quelli pagati dalle famiglie tedesche (41,13 centesimi di euro per kilowattora), seguite, per l’appunto, da quelle italiane 35,70 c€/kWh), francesi (28,03 c€/kWh) e spagnole (26,26 c€/kWh). Stessa classifica per i prezzi netti, cioè senza oneri e imposte, che in Italia risultano del 14% superiori alla media dell’Area euro (25,92 c€/kWh vs 22,73 c€/kWh) nonostante le riduzioni registrate sia dalla componente energia registrato (-21%) sia dai costi di rete.

Il peso di oneri e tasse

Ma qual è il motivo di un’asticella ancora così alta? Secondo l’Authority, i prezzi finali pagati dalle famiglie italiane, infatti, continuano a essere penalizzati dalle componenti di oneri, imposte e tasse il cui incremento del 28% ha annullato le riduzioni registrate dalla componente energia e dai costi di rete. Nel confronto internazionale, la componente fiscale italiana risulta essere la più elevata, superiore a quella della Francia (+51%), della Spagna (+36%), e della media dell’Area euro (+18%). Guardando alle classi di consumo, Il differenziale dei prezzi italiani con quelli tedeschi nel 2024 risulta negativo in tutte le classi, con un minimo (-20%) nella classe DE (superiore a 15.000 kWh/a) che rappresenta una quota residuale dei consumi domestici (circa il 2%). I differenziali rispetto alla Francia, sebbene in riduzione rispetto al 2023, rimangono positivi in tutte le classi, con un massimo (+11,8%) nella DA in cui rientrano i piccoli consumatori (fino a 1.000 kWh/a). Anche rispetto alla Spagna il differenziale è positivo e crescente per tutte le classi, passando da +17% per la classe DA a +37% per la DD (da 5.000 a 15.000 kWh/a).

Cosa succede nel mercato del gas

Quanto al gas, le considerazioni sono analoghe. Nel confronto internazionale con i principali Paesi dell’Area euro, si legge nei dati forniti dall’Arera, il prezzo medio del gas naturale (comprensivo di imposte e oneri) per i consumatori domestici in Italia ha registrato nel 2024 un aumento significativo (+15,1%) raggiungendo i 13,1 centesimi di euro per kilowattora. Contrariamente a quanto accaduto nel 2023, i consumatori italiani hanno pagato tariffe superiori del 5,3% rispetto alla media dell’Area euro (-8,3% nel 2023). I prezzi più alti sono stati raggiunti nei Paesi Bassi (16,8 c€/kWh) e in Portogallo (14,8 c€/kWh), mentre quelli più bassi in Ungheria (2,88 c€/kWh) e Croazia (4,62 c€/kWh).

Le cause dell’aumento

L’aumento è sostanzialmente riconducibile a due fattori: la crescita dei costi di rete (passati da 2,6 c€/kWh nel 2023 a 3,0 c€/kWh nel 2024) e, soprattutto, quella della componente fiscale (passata da 0 a 3,2 c€/kWh). Nel 2024, infatti, sono esauriti gli effetti degli interventi governativi che avevano stabilito la riduzione dell’IVA al 5% e l’azzeramento temporaneo degli oneri di sistema che aveva, di fatto, annullato l’impatto di questi ultimi sul prezzo del gas.

Condividere.
Exit mobile version