È stato incerto fino all’ultimo. François Bayrou è stato fin dalle prime ore della crisi di governo il candidato favorito, ma nel giorno della nomina le cose sembravano essersi complicate. Ricevuto all’Eliseo alle 8.30 del mattino, ne è uscito da una porta laterale un’ora e tre quarti dopo. Nel frattempo trapelavano notizie di un incontro “teso” nel quale il presidente Emmanuel Macron avrebbe proposto al leader del Mouvement Dèmocrat di essere il numero due dietro l’ex socialista (e macroniano di ferro) Roland Lescure, ricevendo un rifiuto e la proposta di nominare invece Bernard Cazeneuve. Uno dei sette aerei presidenziali, partito da Parigi, era stato segnalato di ritorno da Cherbourg, la città di Cazeneuve…
Poi, la sorpresa. Bayrou è stato nominato primo ministro, e dovrà ora capire quanta parte dell’intesa di non-censure chiusa con i partiti dell’arco repubblicano (i macroniani con gli alleati, i socialisti, gli ecologisti, i comunisti e i gollisti républicains) potrà sopravvivere e potrà trasformarsi in una coalizione di governo. È possibile che la formazione del governo possa prendere diversi giorni. Sia la destra repubblicana, sia i partiti di sinistra chiedevano un primo ministro scelto tra i propri ranghi. Bayrou, ha spiegato l’Eliseo, «ha come missione quella di dialogare con l’insieme dei partiti politici», con l’esclusione del Rassemblement nationale e della France insoumise, per «trovare le condizioni della stabilità e dell’azione».
Il primo segretario del Partito comunista (Pcf), Fabien Roussel, ha subito commentato: «È una cattiva notizia». Non ha però escluso il sostegno esterno: ha chiesto che Bayrou «si impegni a non applicare l’articolo 49.3», che permette al governo, in alcuni casi, di approvare una legge senza voto del Parlamento. «È così che potrà non affrontare una censura», ha aggiunto. Persino sprezzante la reazione degli ecologisti: «È un cattivo teatro da boulevard», ha scritto Marine Tondelier, che ha concluso: «Povera Francia».
Per le forze politiche del Nouveau Front Populaire sarebbe stato importante poter sostenere di fronte all’elettorato la scelta di participare, o almeno di non ostacolare il nuovo governo: in questo senso era considerata più probabile o più opportuna la scelta di un ex socialista come Lescure o Cazeneuve, programmaticamente vicini e politicamente lontani quanto basta per non essere troppo coinvolti da eventuali scelte impopolari o da un insuccesso.
Bayrou proviene invece dal centro-destra: cattolico praticante e portatore di una visione democratico cristiana della politica, il sindaco di Pau ha sempre militato in formazioni politiche – spesso da lui fondate – che sostenevano valori cristiani. Ha collaborato a lungo con i partiti neogollisti: è stato ministro dell’Educazione nazionale con Édouard Balladur e Alain Juppé. Alleato di Macron fin dal primo governo, è stato per poco più di un mese ministro della Giustizia del governo Philippe. Un’inchiesta giudiziaria – parallela a quella che ha coinvolto il Rassemblement national di Marine Le Pen – ha ipotizzato un uso distorto dei fondi Ue per pagare funzionari di partito non attivi su questioni europee. Dopo sei anni di indagini e un processo, Bayrou è stato assolto (ma gli altri imputati sono stati condannati)