Nel 2005 quand’è nato è stato un pioniere. Uno dei primi “bollini” a garantire origine, sostenibilità e qualità dei prodotti alimentari, verificate con controlli indipendenti dal campo fino agli stabilimenti di confezionamento. Oggi Alto Adige/Südtirol resta il marchio di qualità più diffuso in Italia, con oltre 200 produttori e 4.600 agricoltori aderenti, ed è considerato un benchmark per chi si occupa di marketing territoriale. Ma anche un indicatore dell’evoluzione del settore agroalimentare altoatesino e dalle tante strade che ha intrapreso negli ultimi anni per uscire dal tunnel (e dai rischi) della monocoltura agricola della coppia vino e mele.
Partito da prodotti classici (come yogurt e pane) il marchio Alto Adige si è poi esteso a 11 categorie merceologiche, anche innovative, come il crescione ottenuto in una vertical farming indoor. «Siamo partiti nel 2009 con l’obiettivo di offrire un prodotto regionale, biologico e sostenibile agli chef costretti a rifornirsi dall’Olanda, avviando un’attività agricola aggiuntiva a quella di famiglia», spiega Ulrich Kager, fondatore insieme a Patrick Sanin della Profarms, specializzata in microgreen. Partita con un piccolo investimento per sviluppare il prototipo dell’impianto e poi sostenuta dal crowfunding e da un partner specializzato nella ristorazione, Profarms oggi produce 2.500 cartoni al mese e li consegna a grossisti di ortofrutta e ristoratori entro 20 ore dall’ordine. A gennaio raddoppierà la capacità produttiva e proseguirà il progetto di “affiliazione” (da cui ottiene metà dei ricavi), con cui fornisce semi e software per vertical farm di microgreen a quattro partner tra Italia, Svizzera e Austria.
Un percorso analogo è quello che ha spinto Josef Obkircher e Andreas Kalser a trasformare l’antico fienile di un maso in una “serra” per funghi “esotici”, come lo shiitake, e mediterranei, come il cardoncello, che si sono ben ambientati a 1.500 metri di altitudine. “Pensavamo a un’attività complementare a quella dei nostri masi ma in realtà il progetto è cresciuto velocemente e ora occupa dieci persone” spiega Andreas Kalser. La Kirnig ha un milione di euro di ricavi e produce 100 tonnellate annue di funghi venduti freschi oppure conservati a negozi, piattaforme (come Cortilia) e ristoranti, e che arrivano anche nei mercati dell’Italia settentrionale.
Ha una caratura internazionale (piace soprattutto in Germania e Olanda) Freedl, la prima “craft beer” analcolica prodotta in Italia e anche la prima che, da pochi mesi, può essere etichettata come “birra artigianale analcolica”. Una scelta inusuale per una famiglia di birrai artigianali che gestisce un popolare biergarten a Lana d’Adige.
«Nel 20167 io e mio fratello Max abbiamo preso una decisione chiara: creare una nuova categoria di bevande alternative all’alcol, incentrate su gusto e piacere- spiega Maria-Elisabeth Laimer – Siamo stati pionieri, ci abbiamo creduto e abbiamo creato lo stabilimento, ampliandolo anno su anno. Ma vogliamo rimanere artigiani e continuare a fare innovazioni nelle bevande fermentate, come gli sparkling tea che abbiamo lanciato, un’alternativa naturale al vino dealcolizzato».
Non solo nuovi prodotti per nuovi consumi. Nella provincia più green d’Italia l’innovazione punta anche su progetti capaci di coniugare lo sviluppo del territorio con l’uso più sostenibile delle risorse. Ne è una prova il primo allevamento di insetti altoatesino, aperto da poche settimane presso la Solos Aquaponix di Termeno. Qui le larve di un insetto, il soldato nero, vengono nutrite con i sottoprodotti della filiera agroalimentare raccolti in loco, evitandone lo spreco, e poi convertite in farine proteiche per mangimi di qualità. Gli stessi destinati a nutrire persico trota, pesce gatto e siluro allevati nell’impianto acquaponico aziendale che integra l’allevamento ittico con la produzione in acqua di insalate ed erbe aromatiche (come basilico ed erba cipollina).
