A Santo Stefano scatta la “circular economy” delle feste con le famiglie che si ingegnano nel “riciclo” degli avanzi del pranzo di Natale, ma anche dei regali ricevuti e poco apprezzati. È quanto afferma la Coldiretti in occasione del 26 dicembre con un 78% di italiani che si ritrova nelle case per finire il cibo rimasto sulle tavole del giorno prima ed evitare che finisca nel bidone della spazzatura. Un fenomeno spinto anche dalla necessità di invertire la rotta rispetto al fenomeno dello spreco in una annata che ha la quantità di cibo gettato lungo lo Stivale aumentare del 46% secondo i dati dell’Osservatorio Internazionale Waste Watcher.
Tra il fiorire di tutorial e blog su come dare “nuova vita” ai piatti avanzati, un ruolo da protagonista è stato conquistato dai cuochi contadini di Campagna Amica che, dalla frittata di pasta alle polpette, forniscono consigli utili nei mercati contadini e negli agriturismi su come recuperare il cibo avanzato con soluzioni gustose e a basso costo. Queste ricette non solo rappresentano un’ottima soluzione per evitare di sprecare i prodotti alimentari – rileva Coldiretti – ma contribuiscono anche a preservare le tradizioni culinarie del passato, riscoprendo usanze molto diffuse che hanno dato vita a piatti simbolo della cultura enogastronomica del territorio.
Natale, doni, regali, pacchetti regalo (Pixabay)
Accanto al cibo, l’attività di riciclo post natalizia coinvolge però anche i regali, tanto che quasi un italiano su quattro (23%) che ha ricevuto doni li rimetterà quest’anno “in circolo”, secondo Coldiretti/Ixà. Un fenomeno importante anche dal punto di vista economico se si considera che nel 2024 i cittadini hanno speso 7,6 miliardi per i doni da destinare ad amici, parenti e colleghi. La maggior parte di coloro che riciclano regali (63%) li destina a parenti e amici che possono apprezzare di più l’oggetto ricevuto, mentre un 22% decide di guadagnarci vendendoli su internet. Non manca chi li restituisce al negozio (23%) per cambiarli o ottenere dei buoni da utilizzare successivamente. Un 3% – conclude Coldiretti – li riutilizza per altri scopi.